17 de diciembre de 2024

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UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi | Recensione (PS5) | Quando la nostalgia non basta

UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi | Recensione (PS5) | Quando la nostalgia non basta

Si trasforma in un razzo missileCon circuiti di mille valvoleTra le stelle sprinta e va Mangia libri di ciberneticaInsalate di matematicaE a giocar su Marte va Lui respira dell’aria cosmicaÈ un miracolo di elettronicaMa un cuore umano ha Quante volte abbiamo cantato il memorabile inizio di questa sigla, da bambini? Che vedessimo o meno l’anime

Si trasforma in un razzo missile
Con circuiti di mille valvole
Tra le stelle sprinta e va

Mangia libri di cibernetica
Insalate di matematica
E a giocar su Marte va

Lui respira dell’aria cosmica
È un miracolo di elettronica
Ma un cuore umano ha

Quante volte abbiamo cantato il memorabile inizio di questa sigla, da bambini? Che vedessimo o meno l’anime di UFO Robot Goldrake, il brano era noto a tutti: a noi che siamo arrivati un po’ dopo la sua messa in onda a fine anni ’70 ma anche, se non soprattutto, agli adulti cresciuti con le avventure di Actarus a colpi di alabarda spaziale e frasi che oggi forse strappano un sorriso, nel loro immacolato eroismo, ma all’epoca avevano tutt’altro effetto.

Proprio per questo all’idea di un videogioco che per la prima volta, quasi cinquant’anni dopo la sua nascita, portasse in scena uno tra i pionieri dei mecha fumettistici e non è seguito un certo entusiasmo – che tuttavia si è scontrato con la dura realtà di un progetto ricco di potenziale solo sulla carta. Sviluppato dallo studio francese Endroad (già autore di Fallback) e pubblicato da Microids, UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi è un action adventure in terza persona poco ispirato e ripetitivo che potrebbe forse interessare lo zoccolo più duro degli appassionati, ma anche in questo caso non ne sono del tutto certa.

Disponibile per tutte le console e su PC, arrivati ai titoli di coda si ha più la sensazione di essere stati di fronte a un tentativo di celebrazione dell’opera di Gō Nagai. L’effetto nostalgia, purtroppo, non basta a coprire evidenti mancanze. Scopriamo più nel dettaglio Ufo Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi nella recensione della versione PS5.

Un principe senza regno

Duke Fleed, Daisuke Umon, per noi italiani Actarus: nomi diversi per indicare la stessa persona, ovvero il principe del pacifico pianeta Fleed che vede trasformarsi il giorno del suo matrimonio con la principessa di Vega, Rubina, in tragedia: le nozze erano infatti una scusa ordita da Re Vega per conquistare il pianeta, sterminandone gli abitanti. A bordo del robot Goldrake, tenuto nascosto nel giusto timore che potesse essere l’obiettivo di potenziali nemici, Actarus tenta una strenua difesa di Fleed e della sua famiglia, salvo essere costretto a fuggire dopo aver visto i suoi cari uccisi ed essere stato ferito gravemente. Il gioco ci mostra proprio questo momento, sfruttandolo come tutorial per imparare a muoverci nei panni di Goldrake e mostrarci i diversi stili di gameplay, per poi fare un salto temporale di due anni spostandosi sulla Terra, dove Actarus è stato accolto dal Dottor Procton (Genzō Umon per i puristi) e da lui adottato come figlio.

La storia di UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi è quanto di più banale possa esserci: intendiamoci, lo stesso materiale di base non offre chissà quale profondità ma nel caso in questione ci si è limitati allo stretto indispensabile fatto di brevi scambi, spezzoni che vanno a comporre il quadro generale della lotta di Actarus e Alcor contro le forze veghiane fino alla battaglia finale del tutto priva di climax. Se a supporto non ci fosse un doppiaggio azzeccato, contando gli errori di battitura, i dialoghi che spesso non corrispondono ai sottotitoli e a volte delle frasi completamente sbagliate frutto di una localizzazione approssimativa, sarebbe un disastro su tutta la linea. I personaggi sono disegnati secondo lo stile dell’anime, durante le conversazioni, ma contando anche una certa ridondanza di fondo dei personaggi persino nel loro essere tutti diversi gli unici a spiccare davvero sono i principali.

Actarus, il principe di Fleed e ora difensore della Terra

Suddivisa in tanti piccoli capitoli quanti sono i tentativi di Hydargos di conquistare la Terra e sconfiggere Actarus, sventati con puntualità da noi giocatori, per completare l’intera avventura al 100% comprensiva dei collezionabili occorrono circa sei ore; poco più della metà, invece, se si tira dritti fino all’obiettivo. Per quanto voglia omaggiare l’opera originale, il gioco è un pigro trascinarsi da una zona all’altra per risolvere sempre gli stessi incarichi, assistendo a dialoghi poco ispirati che non riescono a trasmettere l’epicità e l’entusiasmo dei tempi passati. Anche per sua caratterizzazione, Actarus risulta pesante nel suo continuo spendersi in lodi per la Terra e nella sua volontà di proteggerla, mentre degli altri personaggi solo il Dottor Procton e Alcol sono leggermente approfonditi – termine da prendere con le pinze, data la generale superficialità narrativa.

Alabarda spaziale!

Dal punto di vista del gameplay la situazione non migliora. Passando velocemente sopra alle brevissime parti isometriche in cui si impersona Actarus all’interno del centro di ricerca, che funge da base operativa, per parlare con i presenti, potenziare Goldrake o eventualmente cambiarne la skin, la maggior parte del gioco si svolge nei panni dell’UFO Robot. Ogni nuovo capitolo si svolge in un’area diversa, visitabile a piacere in qualunque momento dopo averla sbloccata, e ciascuna risulta essere un enorme, inerte parco giochi: possiamo muoverci al suo interno come preferiamo, senza alcuna conseguenza visibile su ciò che ci circonda. Si calpestano case o strade, si combatte in mezzo alle stesse, si attraversano pianure, laghi, mari e montagne senza che si percepisca una reale differenza… insomma, gli ambienti servono a puro scopo estetico, nonostante la loro resa sia discutibile.

Un continuo riciclo di asset molto semplici, in cui l’unico effetto percettibile è il vento che tuttavia fa ondeggiare l’intero scenario in un effetto piuttosto bizzarro al quale dopo pochi secondi si finisce con il non badare più.

Le sconfinate e piuttosto blande pianure

Poiché Goldrake è enorme, si percorrono lunghe distanze in tempi brevi, con la possibilità di superare in salto alcuni ostacoli. In circostante del tutto arbitrarie, tuttavia, può capitare di compiere un lungo balzo indietro anziché in avanti, come se Goldrake venisse respinto; una possibile conseguenza di collisioni non ottimali che a volte interferisce con l’esplorazione. A proposito di quest’ultima, la pressoché inesistente interazione con gli ambienti e la loro generale povertà mettono subito in chiaro che c’è ben poco da scoprire in UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi: giusto qualche forziere e dei punti di meditazione/interesse che si ripetono, per quantità e tipo, in ogni area. Ogni volta che ne completerete una eliminando il boss, potrete tornarci per trovare una piccola sfida extra sotto forma di combattimento nel ristretto spazio di una navicella ma, a parte questo, nient’altro.

Le missioni sono tutte obbligatorie per il prosieguo dell’avventura, anche se non importa l’ordine in cui le svolgete; potete persino averne più di una all’attivo, tuttavia alcune specifiche richiedono che non abbandoniate l’area, pena il game over e il dover ricominciar il livello da capo assieme a eventuali incarichi non completati (restano invece memorizzati quelli completati e i collezionabili). La struttura si ripete nel corso delle varie zone, tra missioni di scorta, difesa ed eventuale distruzione di dispositivi veghiani. Risolte tutte, il gioco proseguirà verso il combattimento contro i boss, l’unica parte un po’ più interessante per l’unicità degli avversari e dei loro pattern – nonché delle eliminazioni una volta che li avrete sconfitti. Un’altra pecca di UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi è infatti la poca varietà di nemici, a dispetto dei tentativi di approfondire gli scontri introducendo robot veghiani che devono essere attaccati secondo una precisa sequenza prima di poter infliggere loro del danno effettivo.

Goldrake può dare fondo al suo arsenale per sconfiggere i nemici

A proposito: il sistema di combattimento è a sua volta estremamente basilare pur permettendoci di sfruttare tutte le potenzialità di Goldrake. L’attacco principale consiste in una combo corpo a corpo alla quale si possono concatenare i fendenti di alabarda spaziale e questo, in buona sostanza, è quanto vi basta per eliminare di volta in volta i nemici. C’è la possibilità di eseguire una presa, di utilizzare il dispositivo antigravità e persino il famoso Tuono Spaziale che si sbarazza di chiunque nell’area; il sistema di cura non è tra i migliori in termini di esecuzione, poiché richiede la pressione prolungata di un tasto per consumare una barra di energia con la quale ripristinare salute, ma l’estrema semplicità dei combattimenti permette ampie finestre di esecuzione. Inoltre va detto che gli input non sono sempre precisi, in particolare quello delle cure, e a volta capita di dover premere più volte affinché vengano presi.

Oltre ai livelli nei panni di Goldrake che costituiscono la maggior parte dell’esperienza, possono capitarne alcuni che prendono a piene mani dagli shoot ’em up e rappresentano un piacevole, seppur anche in questo caso estremamente semplice, diversivo dal resto del gioco. Anche in questo caso la varietà di nemici non è pervenuta, tuttavia ho trovato se non altro interessante che una boss fight fosse da risolvere con questa impostazione.

L’albero delle abilità di Goldrake, con tutti i potenziamenti del caso

Goldrake può infine essere potenziato, al centro di ricerche oppure nei pressi delle torri radio presenti in ogni zona, sfruttando i materiali lasciati cadere dai nemici o trovati nei forzieri. Al di là di qualche novità come il già menzionato Tuono Spaziale e la possibilità di contrattaccare dopo una schivata perfetta (che attiva di default il bullet time), il resto dei potenziamenti non influisce granché sul nostro robot rendendoli quindi un vezzo da completisti. La cosa positiva è che non è richiesto un particolare farming per migliorare Goldrake: raccogliendo tutte le risorse in ogni livello ci si ritrova con giusto un paio di potenziamenti per cui occorre andare in giro a distruggere specifici nemici.

Senza mordente e con troppi bug

UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi non è solo piatto e ripetitivo ma anche privo del minimo mordente, tanto sotto il profilo del gameplay quanto estetico: non ci sono paesaggi o situazioni che ci fanno sentire davvero coinvolti nella lotta di Actarus contro Vega, né aiuta la mancanza di interazione o qualsivoglia impatto ambientale nel muoverci con un robot del calibro di Goldrake. Della scrittura dimenticabile ne ho già parlato, così come di una localizzazione pigra e distratta, mancano all’appello i bug che in diverse occasioni mi hanno costretto a lasciare l’area con tutto quello che comporta, o persino farmi uccidere perché Goldrake non rispondeva più ad alcuni comandi proprio contro i nemici che richiedono precise sequenze di attacco. Non migliora la situazione il fatto che il frame rate sia piuttosto instabile, con cali evidenti a occhio nudo, o la presenza di pop-up.

Per quanto riguarda le musiche, al di là di una bellezza figlia della nostalgia, anche queste mancano di varietà e soprattutto contro i nemici base si ripete costantemente lo stesso brano, finendo col diventare più che altro rumore di fondo mentre si malmenano le unità veghiane.

Conclusione

UFO Robot Goldrake – Il Banchetto Dei Lupi è un gioco senza una direzione precisa: non riesce a essere un action adventure accattivante per via di una generale piattezza del level design e del gameplay, fallisce nell’omaggiare l’opera di riferimento a causa di una narrazione banale che non permette di immedesimarsi nei personaggi anche facendo uno sforzo di nostalgia. I diversi problemi tecnici riscontrati coronano un lavoro che, per essere il primo a portare lo storico UFO Robot nel mondo videoludico, risulta facilmente dimenticabile.